Si intitola “Suore: una storia dentro la storia”. Lamon 1899-1999”. E’ il libro che suor Vittorina Pedrotti ha dato alle stampe nell’ottobre 1999 per i tipi della bellunese Tipografia Piave (oggi purtroppo scomparsa dal mercato). In premessa, l’autrice sottolinea che si tratta di “piccola storia” che le ha consentito di impegnarsi con intelligenza, affettività, volontà per “parlare della presenza centenaria a Lamon delle suore di carità delle Sante Bartolomea e Vincenza, che il popolo anche qui chiama suore di Maria Bambina”. Una “piccola storia” che, sempre a detta di suor Vittorina, “è incastonata, ma non soffocata nella grande Roma costruttrice di strade, delle Venezie invase dai barbari, dell’Italia che si costituisce in unità passando attraverso principati e repubbliche, guerre e tensioni di potere. Ma storia tenace di gente che si raccoglie e si difende attorno alla sua ‘Regola’, che custodisce, come bene comune per secoli i suoi terreni, e i suoi pascoli, i suoi campi, i suoi boschi. Sono realtà che hanno lasciato un segno profondo, che Lamon ha ereditato e delle quali ha continuato a vivere anche quando uomini e donne, giovani e adulti costretti all’emigrazione, tornavano al paese solo per il periodo delle ferie”. Non un caso, dunque, se “Della storia di questo paese fatto così, sono venute a far parte le suore il 20 luglio 1889, realizzando il sogno vagheggiato per anni dal ‘Balin’, il lamonese Giuseppe Campigotto”. E’ proprio lui al centro di questo servizio visto che è citato come grande protagonista della storia che riguarda le suore e tutti i lamonesi e non solo. Fu infatti “Balin” che preparò la casa che divenne sede per le suore che “sentieri inerpicati fra i boschi e i campi resero itineranti portatrici di carità, come Gesù, come Paolo. Per farsi tutte a tutti, in mitezza e umiltà di cuore, con la dolcezza del sorriso e con la forza della volontà”. Decisamente interessanti e preziose le 125 pagine del libro, perché contengono sì la storia di un secolo delle suore ma anche – fra l’altro citando autori importanti come i lamonesi Paolo Conte e Bortolo Mastel – la grande storia che valica i confini di Lamon. Come quella dell’ex sindaco Campigotto Balin. La pubblicazione si articola in undici capitoli: “Incontro”, “Prima di noi”, “Da quei temp al dì den cöi”,”Mare e fioi de qua de i pass”, “In questa benedetta casa”, “Nel turbine”, “Grazie sorella! Grazie fratello!”, “Le attività della ‘benedetta casa’”, “L’Ospedale ‘Casa Charitas’”, “Volti amati: suor Giuseppina Colombo, suor Maria Scabbia, suor Albina Pozzi, suor Simonina Poiana”, “Nella mente e nel cuore”, prima della conclusione, delle note, della bibliografia e dell’indice. Chi era “Balin”? Nato a Ren il 17 ottobre 1848, pur dotato di eccezionale intelligenza non poté studiare perché dovette “sottomettersi all’opera pesante dei campi: portare terra con la gerla alla colmata alta del campo, vangare, falciare, portare fieno sulle spalle, andare a legna con la “vanthola” e camminare a piedi scalzi e, solo talvolta, con le “damie”. Nel 1870 sposò la brava Maria Gaio da Pezzè ed ebbero due figlie che purtroppo in breve tempo mancarono: era il 1896. Anche da questo evento doloroso il nostro “trasse lumi e guida per la sua vita, che si costruì da solo, con le sue mani, fra stenti e triboli”. All’epoca della sua nascita era parroco di Lamon col titolo di vicario foraneo don Daniele nob. Dalla Torre; nel 1859 don Francesco Pievatolo; dal 1863 al 1896 don Gaspare Scalet Ab. Mitrato, che “conoscitore profondo della mente e del cuore del Campigotto, decise di redigere il suo testamento e lo nominò erede ed esecutore della sua ultima volontà”. Che, guarda caso, coincideva col sogno che da tempo cullava Campigotto il quale – come ha avuto modo di sottolineare Mastel in “Lamon vivo ieri e oggi”- “vedeva bambini e bambine girovagare incustoditi, per le vie e le piazze del paese, solo protetti dalle deboli forze dei nonni o di qualche parente poco esperto. Come oggi, anche allora molti lamonesi dovevano emigrare per vivere. Quanta gioventù da istruire, da salvare con la scuola, con l’oratorio festivo, con l’onesta ricreazione”. Così ne scriveva mons. Giovanni Ferro l’8 agosto 1924 rivolgendosi all’allora madre generale suor Vittoria Starmush: “Io fui arciprete a Lamon dal 1896 al 1907. Il compianto Campigotto Giuseppe, ammirabile uomo di generosità, fede e virtù, a me fece la prima confidenza del suo caritatevole disegno; io lo aiutai là nella sua umile stalletta a tracciare il disegno del grande fabbricato; a me mostrò tutta la sua posizione finanziaria, compresa la piccola eredità del mio Arciprete predecessore con facoltà di erogarla come meglio avesse giudicato. Decisa la cosa, fui testimonio quotidiano per tre anni della di lui instancabile attività, dei suoi viaggi, dei suoi contratti per la provvista e trasporto di tutto il materiale occorrente dalle montagne sovrastanti, dalle cave di pietrame eccetera e affaticandosi egli stesso, consumando le forze fisiche pur di vedere il lavoro a progredire, sempre ilare, sempre patriarcalmente sorridente e contento anche in mezzo all’apatia del paese, ai frequenti contrasti ed insinuazioni maligne. Ha dovuto comperare case ed abbatterle, perché intralciavano la vastità del suo disegno, e comprarne altre per collocare le famiglie venditrici. Egli non aveva altro in mente, non parlava di altro, non sognava altro che la sua Casa. E quando le rev.de Suore fecero il loro ingresso solenne, accolte finalmente con grande gioia di tutti i buoni, la felicità del buon Giuseppe giunse al culmine…”. Concludeva la missiva spiegando: “…alla Casa mancava ancora molto; non voleva toccare i suoi beni stabili,perché essi dovevano formare la dote dell’Istituto e assicurarne l’esistenza; e allora comninciarono i lavori di questua. Se ella Rev.ma Madre sapesse quanti calcoli abbiamo fatti insieme (perché io fui sempre il suo unico confidente, consigliere e segretario) quante istanze ho scritto al Papa, ai Reali, a Vescovi implorando aiuto. Quante suppliche da presentare ai Sacerdoti, a buoni secolari per tutta la Provincia di Belluno, gran parte del Trentino e del Veneto, che egli per economia percorse quasi sempre a piedi, beato quando tornando periodicamente a casa potea raccontarmi delle somme raggranellate, soffrendo la stanchezza fino al sfinimento, il freddo, la pioggia e la fame. Forse Ella stenterà a credere tutto ciò, ma è storica verità; anzi credo di non poter dire tutto perché tutto non so, o non ricordo bene”. Nel libro – sul quale avremo occasione di tornare – di Giuseppe Campigotto, che fu anche sindaco di Lamon fra il 1902 e il 1907, c’è una toccante lettera indirizza l’11 marzo 1902 alla superiora della “Benedetta casa di educazione” suor Giuseppa Colombo alla quale allega copia del suo testamento e aggiunge queste due righe “supplicandola di sovvenire e compatire la mia vedova in tutto quel tempo che Dio crederà di lasciarla tra i mortali. Così pure anche la Teresa, la quale con amore mi aiutò con mezzi pecuniari nella costruzione e mantenimento di questa casa d’educazione, che proprio mi sento obbligo di coscienza avendo in conclusione anche la stessa sacrificata tutta la sua sostanza e vita a questo unico scopo”. Chiudiamo ricordando ce nella notte dell’8 novenbre 1906 un violento uragano fece crollare fin dalle fondamenta la Casa di ricovero che peraltro, per la tenacia di Campigotto, l’aiuto di Papa Pio X che erogò mille lire, dell’“amatissimo” Re che concesse identico contributo come la Regina Margherita di Savoia ed il Ministro dell’Interno, e molte altre cospicue offerte posero Balin “in grado di riedificare la Casa che prenderà poi il none di “Casa Charitas”, il piccolo ospedale che non ebbe la gioia di veder completo dato che “improvvisamente lo coglierà la morte il 20 febbraio 1914, a breve distanza dall’inaugurazione del pio luogo”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro di suor Vittorina Pedrotti): la copertina della pubblicazione; panoramica di Lamon; la pastorizia, una delle attività svolte dai lamonesi; Giuseooe Campigotto Balin che fu anche sindaco; la Casa di ricovero di Lamon ricostruita dopo l’uragano del 1906; altra visione del “pio luogo”; due interni della struttura; scuola di sartoria; i bellissimi bimbi dell’asilo; foto-ricordo per le suore; immagine dell’attuale Ospedale Casa Charitas di Lamon.