Nato e morto nel mese di aprile. Parliamo di un partigiano, Terenzio Baldovin, nato a Lozzo di Cadore in provincia di Belluno il 5 aprile 1926, che abbiamo “conosciuto” consultando due siti: “dimenticatidistato.com” che il 3 maggio di 5 anni fa gli ha dedicato un ampio servizio che ne tratteggia e giustamente ne esalta la figura. E quello “deportati.it” che ospita il “piccolo blog” dedicato alla figura del giovanissimo partigiano cadorino “offertosi ai tedeschi per salvare il suo paese, Lozzo di Cadore, deportato a Bolzano e poi a Flossenbüerg, e ucciso a 19 anni appena compiuti a Obertraublin”; il blog è stato realizzato da Tullia Zanella in collaborazione con la figlia di Terenzio, Lorenzina Baldovin. Studente, figlio di Lorenzo e Dolores Da Pra,il 15 giugno 1944 aderì alla Brigata Calvi comandata dal veneziano Alessandro Gallo “Garbin” e prese parte all’azione partigiana che si andava sempre più organizzando in Cadore, con il nome di battaglia di “Messicano”. Dalle testimonianze emerge che non si macchiò di azioni criminose né tanto meno approfittò della confusione di quegli anni per compiere soprusi o ingiustizie. Il 21 settembre 1944 i partigiani organizzarono un attentato ai presidi militari tedeschi delle dighe di Auronzo di Cadore e del Comelico che provocò due morti e cinque feriti fra gli occupanti nazisti: i soldati del Terzo Reich scatenarono rappresaglie e cercarono in ogni paese i possibili colpevoli. Il 30 novembre 1944 raggiunsero Lozzo, e radunarono tutti gli uomini in piazza, per passarli in rassegna, minacciando di bruciare il paese nel caso non si fossero presentati i responsabili. Baldovin si presentò pur non avendo in alcun modo partecipato all’attentato; venne arrestato dalle famigerate SS ed internato nel campo di smistamento di Bolzano quindi “deportato politico” a Flossenbürg il 19 gennaio 1945 e il 20 febbraio trasferito nel sottocampo di Obertraubling, dove morì il 3 aprile e dove venne inumato e successivamente esumato per la traslazione nel cimitero militare italiano d’onore di Monaco di Baviera. Ecco, sintetizzando, cosa ha scritto di Baldovin la figlia Lorenzina: Il 30 novembre, dopo la minaccia tedesca, mio papà affermando ‘Io non ho fatto del male a nessuno’ si presentò ai tedeschi. A seguito della delazione di un compaesano, con il suo amico Vincenzo Calligaro fu tratto in arresto, e internato. Altro ricordo di Lorenzina: “A fine novembre del 1944 mia madre che allora aveva 17 anni, scoprì di essere incinta di due mesi… Mio padre sperava sempre di poter tornare a casa per poter regolarizzare con il matrimonio questa paternità imprevista. Il 15 gennaio scrisse un’ultima lettera a sua madre pregandola di riconoscere che quel biglietto era scritto di suo pugno. Lei lo avrebbe dovuto presentare nelle sedi opportune, perché da quel triste luogo altro non poteva fare per dare il suo nome ‘a quel figlio che, forse, non conoscerà suo padre…’”. Il 18 gennaio Baldovin viene trasferito due volte prima di trovare la morte. E così – concludeva la figlia – il 1. giugno 1945 nacqui io, già orfana. Aggiungendo: “Quando avevo 3 anni, mia mamma si è sposata con un uomo che mi ha voluto tanto bene e per molti anni non me la sono sentita di andare alla ricerca di dove e di come il mio papà naturale aveva finito i suoi giorni: mi sembrava di fare un torto a colui che mi stava allevando con tanto amore. Mi sono decisa a intraprendere questa ricerca solo nel 1976, quando cioè il mio patrigno è morto. Con l’aiuto di amici mi sono recata in Germania e anche tramite la Croce Rossa Internazionale ho potuto avere tutti i dati che cercavo; ho trovato la tomba al reparto 6, fila 7, tomba 44, e speravo di poter riportare i suoi resti in Italia ma per molto tempo ciò non fu possibile perché la legge non lo permetteva. Nel 2000 con una lettera del ministero della Difesa mi spiegavano che con la legge 365 del 14 ottobre 1999 i parenti dei Caduti sepolti nei cimiteri militari potevano richiedere la restituzione dei resti dei propri congiunti dietro pagamento, nel mio caso di 940 euro. Ho scritto al Ministero che mio papà non aveva chiesto di essere portato via e che mi sembrava giusto che pagasse lo Stato, ma invano. Poiché per me era più importante averlo qui ho pagato. E poi sono andata a Venezia per ritirare la cassetta avvolta nella bandiera italiana. Con grande tristezza, ma felice di essere riuscita, da sola, a portare a termine l’operazione, ho deposto la cassetta nella mia auto e sono rientrata verso le 11 di sera a Lozzo di Cadore. Il 25 aprile del 2002 mio papà ha ricevuto finalmente una degna sepoltura”.
NELLE FOTO (siti: dimenticatidistato.com, deportati.it-terenzio-baldovin.blogspot.com, fold3.com e Anpi Lissone): immagini di Terenzio Baldovin; il campo di concentramento di Bolzano; pagina del registro matricola; una lettera alla madre; la fidanzata Iva Da Sacco; la figlia rende omaggio al padre nel cimitero militare italiano di Monaco; la traslazione dei resti a Lozzo di Cadore.