di Renato Bona
Con questo servizio concludiamo la “rilettura” del capitolo “Le attività commerciali”, parte non secondaria del libro “Il lavoro nelle Valli del Piave e del Vajont prima del 9 ottobre 1963” (l’anno tragico della catastrofe – dr.), realizzato nel 2008 con la Grafiche Longaronesi, dalla longaronese trapiantata a Belluno Elda Deon Cardin. Partiamo con “La Rinascente di Vittorio Letarghe” col ricordo che ne ha tracciato lo scomparso Giuseppe De Vecchi: “per noi ragazzi, ma anche per la maggioranza degli adulti, il proprietario de “La Rinascente” si chiamava ‘Toio Le Targhe’; solamente l’ufficiale di stato civile e pochi altri conoscevano correttamente il suo cognome. Poi anche il nome dato al negozio era un modo scherzoso di dire dovuto più agli adulti che ai ragazzi: per noi il negozio era indicato come via ‘da Toio Le Targhe’ e si trovava dove la piazza Margherita si chiudeva e lasciava passare soltanto la strada per la Valle di Zoldo”. Stabilite indicazioni del negozio e del personaggio, ecco in sintesi cosa c’era di singolare nell’uomo che “l’acqua del Vajont si portò vis quando aveva 66 anni, la moglie 56 e la figlia Delia 14…”: “Aveva il bernoccolo del commerciante: noi ragazzi presso di lui abbiamo sempre trovato le novità, gli ultimi passatempi, i giocattoli semplici, le stranezze, le palline di ‘caràmus’, le pistole, le maschere, le figurine e tutte le infinite variazioni di trastulli fatti in latta leggera una volta, e in plastica in questi ultimi anni. Anche le donnette trovavano quanto loro serviva…”. Insomma:”… se una cosa era introvabile al mercato del venerdì e negli altri negozi del paese era certamente in vendita alla ‘Rinascente di Toio Le Targhe’”. E concludeva: “Vittorio stava attento alle osservazioni delle sue clienti. E fu così che scoprì un difetto nelle suole di gomma che vendeva: il filo che le univa alle tomaie si consumava prestissimo perché, data la durezza della gomma, i punti rimanevano scoperti a tutto attrito col suolo. Egli allora provvide invitando i suoi fornitori a preparare suole di gomma con una apposita scanalatura per la protezione dei punti. Tutto così, piccolezza con piccolezza; ma come tanta brava gente laboriosa di questo mondo, anche ‘Toio Le Targhe’, nel suo piccolo, contribuì… al progresso”. Altra attività quella della ditta “Marina Borgo e Comp” con negozio di generi coloniali a Longarone e successivamente vendita al dettaglio di mercerie, che – lo scrive Alberto De Pra – venne fondata a Longarone nel giugno 1913 da Giacomo Borgo, figlio di Pomponio, e dalla moglie Marina Dal Fabbro. Dopo l’invasione austriaca di Longarone mentre Giacomo era soldato automobilista, la moglie con le due figlie Lia e Fernanda fuggì prima a Milano poi nella veronese Soave. Il 20 ottobre 1918, mentre la guerra finiva, Giacomo morì a San Bonifacio, colpito da febbre spagnola. Moglie e figlie tornarono quindi a Longarone, era il marzo 1919. L’attività commerciale riprese, allargata alla vendita di sali e tabacchi e con l’edizione di cartoline paesaggistiche della zona longaronese. Cessò definitivamente nel 1922. Concludiamo citando anche la “Ezio Marogna e Figli” che – come ha ricordato Rita Marogna – operava nel commercio all’ingrosso di vini e liquori. Diplomato in agraria ed enologia, Marogna, nativo di Sassari, si trasferì a Treviso prima degli anni ‘20 come dirigente di una ditta produttrice di vini e liquori. Nel 1932 si trasferisce a Longarone con la moglie ed i figli Attilio e Luciana ed avviò il commercio, sospeso a causa della seconda guerra mondiale e poi ripreso col figlio in ampie cantine ubicate nella proprietà “Sperti”; il vino veniva conservato in grandi botti di rovere e travasato poi in damigiane di vetro impagliate; le consegue erano effettuate con camion di proprietà, anche in Agordino, Zoldano e Cadore. L’attività è andata avanti fino alla metà degli anni ‘50.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro di Elda Deon Cardin “Il lavoro nelle Valli del Piave e del Vajont prima del 9 ottobre 1963”): il negozio (terzo da destra, con tre finestre) di Vittorio Lettarghe all’inizio di via Marconi verso Pirago (collezione Circolo fotografico Bruto Recalchi); primi anni ‘20: da sinistra Fernanda e Amalia Borgo, mamma Marina Dal Fabbro ed Ester Borgo sulla gradinata che dalla stazione portava nella piazza Jacopo Tasso (collezione Alberto Der Pra); cartolina con intestazione della “Ragno & Palmieri”; il nome del negozio di vini e liquori dell’azienda con sedi a Trani e Longarone è dipinto sulla facciata dell’edificio nella via Nazionale (foto P. Breveglieri Belluno, cartolina viaggiata 26 aprile 1910, collezione Elda Deon Cardin); cartolina con intestazione della ditta di Longarone “Morselli Gaetano, fabbrica acque gazzate, deposito Birra Pedavena”; la sede della “Morselli” nella casa Carnelutto del Piazzale Stazione (edizione M. Cavinato, collezione Edc); cartolina con intestazione della “Ezio Marogna & figlio”; cartolina con intestazione della “Orazio Filippin di Erto, panificio, alimentari, vini per esportazione; interno del negozio di Orazio Filippin “Daci” con il reparto dolciumi illuminato dalla vetrina dei gelati (collezione Piera Filippin); cartolina con intestazione “Vittorio Emanuele Zadra, negozio ferramenta, ottoname, colori, chincaglierie, fabbrica cucine economiche, lavorazione in ferro, rame ecc.”; la sede della “Zadra” (foto P. Breveglieri, collezione Edc); cartolina con intestazione della “Antonio Marin, deposito lampade e materiali per installazioni elettriche, combustibile e apparecchi “Meta”, occhiali e oggetti d’ottica”; etichetta dell’elettrocoperta prodotta dalla fine anni ‘50 dalla ditta Giovanni Marin, figlio di Antonio, con negozio nella via Roma di Longarone (collezione Agostino Sacchet); intestazione della ditta “Alberto Tovanella, commercio materiali edili ed affini”; sotto la ferrovia di Longarone i magazzini di materiali edili della “Fontanella” (foto Ghedina, estate 1963, collezione Gianni Olivier).
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