di Renato Bona
Nell’elenco delle mai nate o incompiute, ci riferiamo alle linee ferroviarie del Bellunese, esposto dallo storico cadorino Marcello Rosina nel libro “Belluno. La crisi dei vagoni” (Tiziano Edizioni, stampato nell’agosto 1998 a Pieve, con belle fotografie del “meraviglioso forziere zeppo di immagini” di Benito Pagnussat) figurano anche la linea Villa Santina-Cadore-Toblach (“ma dal 1920, epoca in cui ci si mosse ed allertò, tutto il Comelico e la parte a nord di Calalzo sono costretti ad aspettare”) ed il prolungamento della Ponte nelle Alpi-Calalzo, verso Cima Gogna, del quale “nonostante gli studi risalgano al 1928 e nonostante fosse già stato decretato ancora prima della Grande Guerra, non se ne fece nulla”. E quindi la tratta Calalzo-Auronzo-Cortina-Val Marebbe-Brunico “ultimo sussulto in materia ferroviaria che risale al 1952 quando si prospettò viste le ormai vicine Olimpiadi invernali del 1956, ma di quest’ultima idea rimane solamente il piano sulla carta”.
Quanto alla prima linea, Rosina ricordato che nel 1920 al territorio bellunese mancava una tratta ferroviaria nella parte alta, in proposito scrive: “Si pensò di proporre la Villa Santina-Cadore-Toblach ed a questo progetto aderirono la Camera di commercio di Udine, i Comuni cadorini di Auronzo, Lozzo, Domegge, Vigo e Lorenzago oltre ad altri comuni contermini della Carnia. La linea avrebbe interessato anche Sappada, San Pietro, Santo Stefano, San Nicolò, Danta e Comelico Superiore”. A seguire, propone nel volume l’ordine del giorno che a proposito dell’accennata linea, il 21 dicembre 1920 fu votato dai rappresentanti della Camera di commercio di Udine, dei Comuni di Udine, Auronzo, Lozzo, Domegge, Vigo di Cadore, Lorenzago, Tolmezzo, Raveo, Enemonzo, Socchieve, Preone, Ampezzo, Forni di Sotto, Forni di Sopra e Sauris riuniti a Villasantina dietro invito del sindaco di Auronzo: “… Considerato che la ferrovia Villasantina-Toblach viene a formare la direttissima Brennero-Trieste e che tale linea sottrae al traffico ferroviario austriaco a favore di Trieste e Venezia, quasi l’intero attuale percorso da Brennero a Trieste di chilometri 461 riducendolo a chilometri 380 interamente in territorio italiano, e raccorcia pure sensibilmente il percorso tra Brennero e Venezia in confronto della linea di Verona e della linea della Valsugana… esprimono fiduciosamente il voto che la linea non sia limitata al solo allacciamento Villasantina-Cadore ma che prosegua per Cimagogna-Auronzo-Tobalch; che il tratto da Cimagogna a Calalzo venga costruito colle caratteristiche per le curve e pendenze di linea di gran traffico come è progettato il tratto Villasantina-Cimagogna; che la linea già costruita Calalzo-Belluno sia gradualmente riformata e migliorata nelle curve e nell’armamento in modo che si possa ben affermare che la direttissima avrà per obiettivo non solo Trieste ma ben anche Venezia; che data l’attuale disoccupazione e le persistenti difficoltà per l’emigrazione, si dia mano senza indugio alla costruzione del primo tronco Villasantina-Ampezzo, il cui progetto è quasi pronto anche nella parte esecutiva e completo sul terreno fino a Vigo di Cadore, e si dia pure sollecita esecuzione al tronco Calalzo-Lozzo il cui progetto è già preparato…”.
Seguiva il richiamo al Comitato per la ferrovia attraverso la Carnia ed il Cadore presieduto dal cav. Giulio Solero (ne facevano parte i comuni di: Prato Carnico, Ovaro, Raveo, Ravascletto, Comeglians, Rigolato, Forni Avoltri, Sappada, San Pietro, Santo Stefano, San Nicolò, Danta e Comelico Superiore) che, riunito a Sappada nel luglio 1921, approvava la relazione morale finanziaria, sottolineato che “a nostro favore indubbiamente militavano la brevità dei percorsi, la minor lunghezza delle gallerie, e la possibilità di procedere alla costruzione di esse in condizioni assai favorevoli dato il carattere del sottosuolo composto da roccia sana perfettamente compatta e scevra di infiltrazioni d’acqua”, prendeva atto che per la soluzione di Val Tagliamento esisteva già un piano particolareggiato oltre che il parere favorevole dei Ministri interessati mentre per il progetto da noi propugnato esistevano larvate opposizioni anche da parte dello Stato Maggiore perché la questione non perfettamente conosciuta non consentiva allo stato delle cose un esame profondo e comparativo con l’altro progetto. E che i Comuni del Comelico, pur avendo aderito ‘toto corde’ all’iniziativa nostra, non potevano dimenticare per ovvie ragioni di convenienza che se la ferrovia della quale si propugnava la costruzione era la più vantaggiosa per i loro interessi, non era nella loro convenienza trascurare menomamente, ed in via subordinata, il vantaggio che sarebbe derivato ai paesi della loro regione dal passaggio di una grande linea ferroviaria importante ed internazionale a Cima Gogna e quindi nella immediata vicinanza del capoluogo. Per tutti questi motivi “decidemmo di desistere da ogni ulteriore agitazione perché era in noi ormai la convinzione che il nostro progetto non avrebbe più potuto prevalere nonostante le ottime ragioni tecniche, finanziare, militari, opportunistiche, che militavano a di lui favore”. E concludeva così: “Ed in questa decisione ci rafforzammo maggiormente quando il 16 novembre a.d. 1920 il nostro segretario ai lavori pubblici, on. Bertini, ebbe a dichiarare in pieno Parlamento che i lavori della Villa Santina-Ampezzo erano già stati compresi nel quadro dei nuovi impianti ferroviari della Venezia Giulia e Tridentina”.
Ecco infine, in estrema sintesi a proposito della Calalzo-Cima Gogna quanto richiamato dall’autore del libro: “Era impressionante, pericolosa e dannosa la soluzione di continuità esistente fra l’Alto Adige, Bellunese e Friuli: l’alto Cadore, con la zona del bacino del Piave a Monte di Calalzo, non percorso da alcuna ferrovia, poteva considerarsi come isolata dal resto d’Italia. La costruzione del tronco Calalzo-Lozzo fu decretata ancor prima della Grande Guerra ma i 12 chilometri previsti non toccarono mai Vallesella, Domegge, Lozzo, Pelos ed il caseggiato di Cima Gogna”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro di Marcello Rosina “Belluno. La crisi dei vagoni”): cartolina con immagine panoramica di Sappada; Mare di San Pietro di Cadore; Costalta; Santo Stefano di Cadore; Danta; dintorni di Candide nella valle del torrente Padola.