Avendo letto su un quotidiano il servizio dal titolo “La casa delle foto antiche”, l’amica Vilma Tabiadon, originaria per parte di padre del di paesino… Tabiadon! (4 anime secondo i dati più recenti – ndr.) nella Valle del Biois, ma nata e residente a Belluno, si è entusiasmata all’iniziativa di una specifica mostra allestita a Vittorio Veneto e si è detta convinta che “sarebbe bello, interessante, utile che anche dalle nostre parti si facesse qualcosa di analogo, e che iniziative come la recente mostra fotografica che ha proposto il quartiere e la sua gente nelle immagini storiche ‘Mussoi fra storia e ricordi’, solo per citarne una, vanno secondo me nella giusta direzione”. Alcuni album di famiglia che capitano o capiteranno tra le mani di nipoti, pronipoti, e anche oltre, di persone immortalate nelle vecchie fotografie, acquisterebbero un valore decisamente importante se si riuscisse a dare a donne, uomini, luoghi, situazioni, una connotazione temporale precisa ed un’illustrazione dei vari siti e dei soggetti. Si concorrerebbe, secondo Vilma Tabiadon, ad arricchire pagine di storia locale che non sono meno preziose di quelle legate a personaggi, località ed accadimenti di livello nazionale o internazionale. Il Comune di Vittorio Veneto nel marzo di quest’anno ha lanciato un pubblico appello alla cittadinanza proprio perché concorra a dare un nome alle persone finite negli scatti (il riferimento è a ben 505 lastre di vetro trovate nel 2003 durante i restauri di un edificio cinquecentesco a Ceneda; erano murate e ritraggono volti, persone. episodi della società borghese e contadina che sono stati appunto oggetto della mostra in terra vittoriese. La signora Tabiadon ha colto l’occasione per trarre dai cassetti, o prelevare dai muri dove erano appese come quadretti, una ventina di immagini che ritraggono suoi familiari, o parenti, o amici o anche semplici conoscenti e così, osservandole attentamente e commentandole, ha maturato la convinzione di suggerire un bis di Ceneda anche a Belluno. Abbiamo parlato con Vilma la quale ci ha precisato a proposito di Tabiadon: “Ci sono persone che portano il mio stesso cognome, probabilmente parenti molto alla lontana, ma mancano notizie in merito, e chissà quali piacevoli sorprese potremmo registrare…; lassù, in Val Biois, sono andata per qualche periodo di vacanza ma non ho avuto modo e occasione di approfondire le situazioni, le attività, i modi di vivere, dei giovani di una volta…”. Il mio interesse per la storia e la cultura bellunese? “Nasce proprio dalla passione per le cose antiche, qualsiasi esse siano e, lo ammetto, anche per la saggezza che tante persone semplici ci hanno trasmesso. Qui a Belluno per vari motivi non ho potuto come avrei voluto approfondire questa mia passione, magari dedicandomi allo studio dell’archeologia!”. Che ne penso dello spopolamento della montagna? “Ritengo che sia uno dei problemi principali della nostra realtà per molti versi marginale. Penso ai giovani, alla loro creatività e disponibilità, ritengo che aiutarli nei loro progetti sia un modo concreto per dare loro la speranza di un’occupazione nella loro terra e per concorrere, come chiedono, alla sua valorizzazione. Credo insomma che sia possibile offrire loro occasioni anche nel campo dell’attività artigianale e – è il mio pallino – in quello della cultura che ha moltissimo da offrire”. In conclusione, la mostra delle fotografie e-o documenti del passato come strumento per concorrere alla valorizzazione di Belluno? “Sì. Detto che quella del Piave è la mia città e la amo profondamente, condivido appieno quanto scrivono annualmente, in base a specifiche indagini, i grandi organi di informazione a proposito della buona qualità della vita dalle nostre parti”. E quanto alla domanda su quale sia la foto più bella tra quelle che ho a disposizione in casa, scelgo quella che è anche la più vecchia, che ritrae la mia bisnonna con la nonna e la sorella. Quanto possono ancora dirci e darci, anche con la semplice loro immagine in bianconero, i nostri vecchi!”.