di RENATO BONA
BELLUNO Un anno fa, la sera del 9 luglio 2020, all’età di 91 anni (ne avrebbe fatti 92 il 14 ottobre) mancava Giovanni Bortot, nativo di San Fior, nel trevigiano, ma bellunese di Ponte nelle Alpi, comune dove fra l’altro è stato a lungo sindaco. Lasciava la moglie Beppina e la figlia Tiziana alle quali erano giunti moltissimi messaggi di solidarietà, conforto ed ammirazione dal mondo della politica (Giovanni era stato anche, per due legislature, deputato di quello che all’epoca – ingresso alla Camera nel 1968 – era il Partito comunista italiano), delle istituzioni e della gente comune. Proprio domenica scorsa nella località Pus di Ponte nelle Alpi, in occasione di quella che un tempo era la imperdibile “Festa de L’Unità”, si è svolta l’annuale rimpatriata di simpatizzanti molti del Pci e comunque della sinistra, ma aperta a tutti, denominata “Pastasciutta antifascista” (sul tema: “Storia e memoria il difficile passaggio della coscienza politica alle nuove generazioni” con interventi di: Francesco Piero Franchi, docente universitario; Enrico Bacchetti, direttore dell’Istituto storico bellunese della resistenza ed età contemporanea”; Le ragazze della Rete studenti medi; Gabriele Ganz segretario generale della Spi-Cgil di Belluno; Maria Rita Gentilin, segretaria generale della Spi-Cgil bellunese) nel corso della quale si è doverosamente ricordata la figura e l’opera di Bortot che di quel raduno era stato uno degli entusiasti protagonisti ed organizzatori. Non è dunque un caso che il maestro Mario De Nale, anch’egli scomparso, nel suo libro “Personaggi illustri dell’Alpago e Ponte nelle Alpi” del 1978 abbia citato per l’area pontalpina solo Silvestro e Camillo Boito e, appunto, Giovanni Bortot (del quale mi onoro di essere stato amico e ammiratore) che politicamente era lontanissimo in quanto uno comunista e l’altro militante della Dc prima e della Lega poi. E vediamo allora cosa scriveva dopo aver ricordato che la famiglia di Bortot, di umili contadini, originaria di Quantin, si era trasferita nel 1923 a San Fior per coltivare una piccola azienda agricola acquistata nel tentativo di migliorare le precarie condizioni economiche. Nel 1936 era tuttavia definitivamente tornata al paese d’origine. Così De Nale: “… Dopo le elementari emerse fra i suoi coetanei per il buon senso, lo spirito di iniziativa la buona volontà, la costanza e fiducia nel lavoro, e nell’aiutare quanti gli si rivolgevano per chieder consigli ed altro”. Ancora: partecipò alla Resistenza nelle formazioni partigiane e quindi iscrittosi al Pci nel 1945 ne divenne funzionario nel 1951 e quindi fu eletto deputato nella quinta e sesta legislatura, fino al 1973. Era stato consigliere comunale (entrò in consiglio nel 1956 e vi rimase fino al 2004 – ndr.) poi vicesindaco e sindaco a Ponte nelle Alpi ed assessore alla Comunità montana bellunese. Nella veste di parlamentare si occupò prioritariamente dei problemi sociali e in particolare di quelli dell’emigrazione con riferimento agli accordi bilaterali in materia di sicurezza tra Italia e Svizzera, Stati Uniti, Spagna, Svezia, Australia, Argentina e di quelli previdenziali per i connazionali emigrati nei paesi del Terzo mondo. Fu primo firmatario di una proposta che modificasse la legge sulla silicosi “che per la provincia di Belluno, dato il numero elevato di silicotici, riveste una grande importanza ed il cui scopo era di migliorare la legislazione nel campo delle malattie dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio dovute proprio alla silicosi”. Se la libera enciclopedia Wikipedia lo ricorda sinteticamente così: “Originario della frazione Quantin di Ponte nelle Alpi fu attivo nelle Brigate Garibaldi durante la Resistenza col nome di battaglia ‘Ardito’; al termine del conflitto venne assunto come operaio nella costruzione dell’impianto idroelettrico collegato alla diga del Vajont e in quegli anni si avvicinò al movimento sindacale e si iscrisse al Partito Comunista. Fu eletto alla Camera dove si adoperò per la ricostruzione del territorio a seguito del disastro del Vajont”. Il sindaco di Ponte nelle Alpi e suo amico, Paolo Vendramini ebbe modo di dire: “Per quanto mi riguarda, è stato un maestro: persona integerrima, dagli alti valori morali, ha sempre pensato alla politica come servizio e bene comune. Non ha mai fatto pesare la sua ideologia, né l’ha mai imposta come se fosse la migliore. E per questo era rispettato pure dai suoi avversari. Lo sentivo costantemente, anche nell’ultimo periodo: lucido, preciso nei giudizi. Dava ottimi consigli”. “ Newsinquota lo definì politico di lungo corso che “si è sempre distinto per impegno e competenza, per le battaglie a favore della montagna che tanto amava. E anche per un occhio di riguardo verso le fasce deboli. Indicativa in tal senso la scelta di devolvere un terzo della sua pensione da deputato alla Casa di riposo”. Domenica 12 luglio dello scorso anno, le rappresentanze dei Comuni di Sedico e Borgo Valbelluna, insieme ad altri amministratori pubblici e semplici cittadini, avevano ricordato i caduti del Ponte di San Felice facendo memoria anche di Giovanni Bortot. Ancora commenti: Belluno-press riportava la dichiarazione della segretaria provinciale del Partito democratico, Monica Lotto: “Negli anni in cui il partito ha intrapreso tante trasformazioni, Giovanni Bortot ha continuato a portare un contributo lucido, mai fazioso, sempre costruttivo e attuale. Se ne va un punto di riferimento, un uomo che ha vissuto la politica in modo autentico e che ha insegnato molto. L’intera comunità bellunese gli è debitrice per le sue battaglie civili, sociali e per lo straordinario contributo all’identità del territorio e alla dignità delle persone”. Ricordarono l’uomo, il politico, l’amministratore anche il deputato Roger De Menech, sindaco prima di Vendramini: “Ha svolto il compito con impegno instancabile e grande umanità. Ricordiamo tutti il suo lavoro in Parlamento per la ricostruzione dopo il disastro del Vajont e per tutelare i malati di silicosi. Ha insegnato che la buona politica è quella che sta in mezzo ai cittadini”. Il presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin: “Perdiamo una figura storica e importantissima per il Bellunese. Un politico capace, un uomo dai forti ideali e una persona che ha sempre creduto nel nostro territorio e nei bellunesi. La sua azione politica, e la sua stessa vita è stata caratterizzata da grande tenacia e forte senso di appartenenza al territorio bellunese, che ha difeso sempre con impegno e abnegazione, specialmente negli anni difficili del dopo Vajont”. Roberto De Moliner segretario dell’Unione comunale del Pd bellunese. “Uomo di sinistra, partigiano, grande sindaco, protagonista della storia e delle battaglie per salvaguardia del territorio bellunese, sempre dalla parte dei più deboli e a difesa della Democrazia, conquistata con la Resistenza”. L’attuale ministro dei rapporti col Parlamento, il bellunese Federico D’Incà: “Lascia un grande vuoto nella comunità bellunese. Era persona devota al territorio, in prima linea per tutelare i diritti dei cittadini e dei lavoratori grazie al proprio lavoro da sindaco di Ponte nelle Alpi e da deputato della nostra Repubblica. A lui va il nostro ringraziamento per il grande impegno umano e politico con cui è riuscito a rilanciare il Bellunese, adoperandosi anche per la sicurezza del territorio e per la tutela della salute. Quella di Bortot è una storia di partecipazione e di interesse per il prossimo, un esempio da raccontare alle nuove generazioni”. Il presidente dell’Associazione bellunesi nel mondo, Oscar De Bona: “Notevole, fra gli altri il suo impegno, da parlamentare, per la modifica della legge sulla silicosi tanto che per far meglio comprendere le problematiche mediche relative a questa malattia convocò a Roma per un’audizione in Parlamento il bellunese dottor Valentino Dal Fabbro… L’Abm lo ricorderà in occasione del premio internazionale ‘Bellunesi che hanno onorato la provincia di Belluno in Italia e all’estero”.
NELLE FOTO (Google): Giovanni Bortot; immagine ufficiale da deputato; sindaco di Ponte nelle Alpi; ad una cerimonia con Sandro Pertini; già avanti con gli anni…; in compagnia di Roger De Menech, suo successore in Comune e poi alla Camera; l’annuncio della “Pastasciutta antifascista”; una panoramica di Quantin, paese natale di Bortot che poi abitò anche a Roncan.