di Renato Bona
Clamoroso l’episodio che lo vide protagonista involontario di un equivoco a proposito di due finestre di un palazzo di Belluno Sempre scoprendo figure e storie sicuramente non secondarie, proseguiamo la rilettura del libro “Personaggi illustri dell’Alpago e Ponte nelle Alpi” realizzato dal maestro Mario De Nale (purtroppo scomparso), per il centenario di Placido Fabris, uno dei più illustri, edito nell’agosto del 1978 ad iniziativa del Centro sociale di educazione permanente di Tambre e dell’Aeb: Associazione emigranti bellunesi, col concorso della Regione Veneto e della Cassa di risparmio di Verona, Vicenza e Belluno. E ci imbattiamo in quello che è ricordato come “Un instancabile decoratore” vale a dire Umberto Da Pos, detto “Berto dei Pieri”, figlio di Antonio e di Teresa De Col, nato a Torch di Pieve d’Alpago il 22 luglio 1883 e mancato il 10 gennaio 1963. Il suo maestro di scuola, preso atto della spiccata attitudine del giovane per l’arte figurativa, ne caldeggiò l’iscrizione all’Accademia di Venezia dove il nostro acquisì le tecniche artistiche che gli consentirono di divenire un “provetto decoratore e intagliatore”. Che, lo spiegheremo alla fine, è stato anche involontario protagonista di un clamoroso episodio avvenuto a Belluno. L’autore del libro ricordava quindi che: “Dotato di un fisico robusto incline a malattie, divenne un instancabile lavoratore; infatti sfogliando le sue numerose agende aggiornate di tutto punto con l’indicazione di numerosissimi impegni, di vicissitudini familiari, di viaggi, di feste, di funerali, che lo vedevano occupato in una giornata in varie località, lasciando perplessi, si ha l’impressione di scoprire in lui qualcosa di misterioso”. Come che sia, Umberto Da Pos decorò le chiese di Farra, Puos, Lamosano, Tiser, Zoppè di Cadore, Frassenè Agordino, Pieve ed altre; numerose poi ville e case dell’Alpago e Belluno (un suo motivo è visibile nella facciata della casa dei Da Vià a Puos): la farmacia di Puos e diversi bar, come: il San Marco di Puos e il San Paolo di Bruno Lavina a Borsoi. Nelle chiese di Lamosano e di Zoppè di Cadore si ammirano i graffiti raffiguranti i quattro Evangelisti. Restaurò il Crocifisso di Plois, opera di Brustolon, “con una tinta che non contribuì affatto ad accrescerne il valore… “. E siamo al 1936 quando, nel soffitto della chiesa di Quers, dipinse una Santa Giustina e nella chiesa di Plois un San Floriano. Numerose anche le testimonianze sulla sua attività di intagliatore: l’altar maggiore della cappella della chiesa di Pieve d’Alpago (iniziato il 29 agosto 1957 ed inaugurato il 29 novembre successivo); battistero ligneo, due confessionali, alcuni banchi, la cornice e il baldacchino del pulpito, la Croce (ultimata il 13 maggio 1956), l’armonium finito il 16 febbraio 1959 e il pilastro della Madonna della chiesa di Pieve. Ancora: il battistero ligneo della chiesa di Chies (iniziato con un acconto di diecimila lire, il 6 febbraio 1956 e posto in opera il 18 marzo); la cassettina per le elemosine, le croci lignee, il candelabro per il cero pasquale, due piedistalli per crocifissi, il crocifisso della sacrestia, la custodia della Santissima eucarestia per la settimana santa, la doratura del tabernacolo della chiesa di Puos (per la quale ricevette pure un acconto di 10 mila lire da don Luigi Boranga); e poi le cornici della Via Crucis della chiesa di San Rocco, i crocefissi della chiesa di San Pietro, quello dell’altare della chiesa di San Valentino, il carro funebre di Tambre, uno dei crocifissi di Quers, pilastro ed altare del Redentore di Bastia; c’è da dire che diversi mobili e pensili ornano ancora oggi ville e case alpagote. Mario De Nale concludeva il capitolo su Da Pos richiamando un episodio sorprendente a dir poco, registrato in occasione della demolizione del palazzo di Piazza dei Martiri a Belluno, della Società Reale Mutua di assicurazione, di fronte alla sede dei Vigili urbani: durante i lavori “furono notate due finestre ritenute del Cinquecento in quanto portavano la dicitura con data ‘Bertus fecit XVI”, per cui la Sovrintendenza alle Belle arti fece sospendere i lavori. Il Da Pos allora si presentò all’autorità competente per informarla che si trattava di un grossolano equivoco in quanto le finestre in questione erano opera sua e che, quindi, il numero XVI non si riferiva al sedicesimo secolo ma al sedicesimo anno dell’era fascista!!!”.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro di Mario De Nale e sito Galprealpidolomiti): Umberto Da Pos; il Crocefisso di Andrea Brustolon nel presbiterio della chiesa di Plois, col Salvatore che esala l’ultimo respiro; l’altare della cappella di Pieve; la Croce nella sagrestia di Puos; il Palazzo di Piazza dei Martiri di Belluno dove vennero notate le due finestre con data che fece ritenere fossero del sedicesimo secolo ed erano invece opera di Da Pos nell’anno sedicesimo dell’… era fascista!!!