In Veneto gli sovraistruiti sono 559.000, pari al 25,8 per cento del totale degli occupati presenti nella nostra regione. Negli ultimi 10 anni la dimensione di questi lavoratori sovraistruiti è salita del 37 per cento. In linea generale, tra i laureati che svolgono un lavoro per il quale il titolo di studio più richiesto è inferiore a quello posseduto le professioni più diffuse sono quelle di tecnico informatico, contabile, personale di segreteria, impiegato amministrativo. Tra i diplomati, invece, prevalgono i lavori di barista, cameriere, muratore e camionista. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.
In Italia, invece, sono oltre 5.800.000 gli occupati sovraistruiti. Ci riferiamo ai diplomati e ai laureati che svolgono una professione per la quale il titolo di studio maggiormente richiesto è inferiore a quello posseduto. Nel 2019 erano poco meno del 25 per cento del totale degli occupati e la loro incidenza è in costante aumento: negli ultimi 10 anni, infatti, i dati assoluti dei sovraistruiti in Italia sono cresciuti di quasi il 30 per cento. Se, inoltre, calcoliamo la percentuale solo sugli occupati che possiedono un diploma di scuola media superiore o una laurea, l’anno scorso l’incidenza degli sovraistruiti è salita al 40 per cento.
Anche ad agosto è stato difficile reperire tanti posti di lavoro
Nonostante la disoccupazione giovanile sia in crescita e il livello di istruzione ancora ben al di sotto degli standard europei, anche nel pieno della fase Covid le imprese venete hanno faticato a trovare personale. Sebbene sia un mese molto particolare, stando alla periodica indagine condotta su un campione significativo di imprese da Unioncamere e Anpal, il 37,6 per cento delle 20.630 assunzioni previste ad agosto in Veneto è stato di difficile reperimento. Tra le professioni non facili da “coprire” segnaliamo i meccanici artigiani, montatori, riparatori e manutentori di macchine fisse e mobili (53,5 per cento), artigiani e operai specializzati nelle rifiniture delle costruzioni (43,1 per cento) e gli autisti di bus e mezzi pesanti (42,5 per cento).
La sovraistruzione riduce la produttività del lavoro
Afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo:
“L’incremento degli sovraistruiti è in massima parte dovuto alla mancata corrispondenza tra le competenze specialistiche richieste dalle aziende e quelle possedute dai candidati. Non va nemmeno dimenticato che grazie al ricambio generazionale registrato in questi anni sono usciti dal mercato del lavoro tanti over 60 con livelli di istruzione bassi che sono stati rimpiazzati da giovani diplomati o laureati senza alcuna esperienza professionale alle spalle. Tuttavia, la sovraistruzione non va sottovalutata, perché molto spesso attiva meccanismi di demotivazione e di scoramento che condizionano negativamente il livello di produttività del lavoratore interessato e conseguentemente dell’azienda in cui è occupato. Il clima di sconforto che si viene a creare può innescare delle situazioni di malessere che diffondendosi tra i colleghi può addirittura interessare interi settori o reparti produttivi, con ricadute molto negative per la vita dell’azienda”. Per combattere la sovraistruzione, fanno sapere dalla CGIA, bisogna assolutamente ridurre lo scollamento tra domanda e offerta di lavoro, cercando di far collimare sempre più le esigenze aziendali con le specificità e l’autonomia del mondo della scuola.
Siamo comunque i meno scolarizzati d’Europa
Sebbene nel nostro Paese il problema della sovraistruzione sia in costante ascesa, paradossalmente continuiamo ad essere tra i meno scolarizzati d’Europa. Denuncia il segretario Renato Mason:
“L’anno scorso la quota di popolazione italiana tra i 25 e i 64 anni in possesso di almeno un titolo di studio secondario superiore era del 62,2 per cento, un dato decisamente inferiore a quello medio dell’Unione a 28, pari al 78,8 per cento e a quello di alcuni tra i nostri principali competitor. Segnalo, infatti, che la Francia registrava l’80,4, il Regno Unito l’81,1 e la Germania l’86,6 per cento. Non meno ampio è il divario per quanto riguarda la percentuale di coloro che hanno conseguito un titolo di studio terziario sempre nella fascia di età tra i 25 e i 64 anni. Se nel 2019 in Italia la soglia era del 19,6 per cento, la media europea si è attestata al 33,2. Si segnala come la quota di laureati italiani tra i 25-34enni nelle discipline STEM sia simile alla media dei 22 paesi dell’Unione europea membri dell’OCSE. Tuttavia, si denota un forte divario di genere. Se per la componente maschile lo scarto è di 6 punti con la media UE, l’incidenza delle laureate italiane nelle discipline tecniche è invece superiore al dato medio europeo”.
Il ruolo centrale delle Pmi
Secondo la CGIA il ruolo delle Pmi permetterebbe di arginare la diffusione del fenomeno. Sebbene non ci siano dati che ci consentono di misurare con puntualità il livello di sovraistruzione per dimensioni di impresa, l’esperienza quotidiana ci insegna che il ruolo delle maestranze presenti nelle piccole imprese è centrale rispetto a coloro che lavorano nelle aziende di maggiori dimensioni. Nelle Pmi, infatti, oltre a disporre delle conoscenze formali apprese durante l’esperienza scolastica, prevalentemente di natura tecnico/professionale, i dipendenti, grazie alle mansioni “allargate” che praticano in queste piccole realtà produttive, dispongono di conoscenze operative ed esperenziali più estese e complesse di coloro che, invece, esercitano la propria attività lavorativa in maniera definita e in ambiti molto ristretti. Così come spesso succede per chi è impiegato in una impresa di grandi dimensioni.