9 OTTOBRE 2020
57° ANNIVERSARIO DEL DISASTRO DEL VAJONT
INTERVENTO DI COMMEMORAZIONE DEL SINDACO DI LONGARONE, ROBERTO PADRIN
LONGARONE cari superstiti, cari sopravvissuti, carissimi concittadini, colleghi Sindaci di Erto e Casso, Vajont, Ponte Nelle Alpi, Sig. Ministro, Sig. Sottosegretario, Sig. Capo del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, Assessore regionale, Autorità Civili, Militari e religiose, rappresentanti delle forze economiche e sociali, vogliate, anzitutto, accogliere il cenno di saluto e di ringraziamento che, per mia voce, le comunità colpite nel 1963 vi indirizzano per la commossa partecipazione a questa annuale, mesta commemorazione con la quale ricordiamo le Vittime innocenti di uno dei più gravi disastri della storia moderna, causati da mano umana. Introducendo questo intervento commemorativo desidero anche ringraziare tutti i presenti, gli amici arrivati da Barberino Tavarnelle Val di Pesa, Caerano San Marco e Tesero, paesi con i quali abbiamo stretto dei Patti di amicizia, nel segno di comuni destini, ma anche coloro che non hanno potuto esserci perché impossibilitati, che idealmente qui noi oggi abbracciamo. Un saluto particolare, però, e il nostro “grazie” va, anzitutto, al Capo della Protezione Civile Nazionale, il dott. Angelo Borrelli. A lui è stato dato l’ingrato compito durante le lunghe settimane di lockdown di fornirci le informazioni sul contagio e a lui va la nostra più profonda riconoscenza per esserci stato vicino nei giorni successivi alla tempesta Vaia, quando questa Provincia è stata colpita duramente da un evento calamitoso senza precedenti, e l’ha aiutata a rialzarsi. Il nostro apprezzamento va poi al Ministro per i Rapporti col Parlamento, l’On. Federico D’Incà, nostro conterraneo che anche quest’anno è qui con noi e al quale chiediamo l’impegno a continuare sulla strada orientata ad una visione più attenta verso quei territori che manifestano più di altri fragilità e croniche criticità. Con loro anche il Sottosegretario al Ministero dell’Interno, on. Carlo Sibilia che con il caro amico Fabio Dattilo, capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, ha, qualche ora fa, inaugurato la nuova caserma dei Vigili del Fuoco di Belluno, che sarà in grado di rendere ancor più funzionale l’attività dei nostri “angeli” bellunesi. Da ormai 12 anni mi trovo ad introdurre le motivazioni che inducono ancora e sempre con maggior commozione, a 57 anni di distanza, a ritrovarsi in questo Sacrario che raccoglie 1.464 salme, oltre ad una trentina collocate dopo la ristrutturazione del 2003, delle 1.910 Vittime, di cui oltre 400 mai più trovate, dovute ad un eccidio senza precedenti, verso il quale, lo Stato, attraverso le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha riconosciuto le colpe, anche proprie, nel corso della sua visita il 12 marzo dello scorso anno, scusandosi nei confronti di quanti hanno subito tanta violenza. Il 2020 resterà nella nostra memoria per aver palesato la fragilità umana di fronte alla potenza della natura, ancora sconosciuta, così come accadde il 9 ottobre 1963 nelle nostre comunità. Tanta, per noi, è stata la solidarietà ricevuta. Ricambiamo, allora, verso le famiglie delle vittime della pandemia, dedicando loro questo nostro triste 57° anniversario, la nostra solidarietà e l’elogio al personale sanitario del nostro Paese per l’abnegazione dimostrata nella lotta al “nemico invisibile” e alle migliaia di volontari che ci hanno aiutato. Sono stati momenti difficili e lo saranno ancora, per quanto tempo nessuno può dire di sapere ma, citando Rita Levi di Montalcini “non dobbiamo temere i momenti difficili. Il meglio viene da lì”. Abbandoniamo atteggiamenti leggeri e superficiali per unirci compatti nella lotta al “Coronavirus” che rischia di segnare una linea di demarcazione tra sviluppo e sottosviluppo, tra benessere e disagio, sfociando nella disubbidienza. Sarebbe il peggior atteggiamento da tenere in questa che è una vera battaglia. Le nostre popolazioni, nel Vajont, hanno saputo rialzare la testa; il nostro Paese, l’Italia, è riuscito a superare momenti anche peggiori, ma non si respirava, allora, l’aria della disobbedienza, del menefreghismo, tanta era la volontà di sopravvivere e di andare avanti con determinazione. I nostri nonni non disponevano delle opportunità offerte dal mondo moderno, eppure hanno tirato fuori grinta e resistenza, tramandandoci un’Italia ancora più forte, dove l’orgoglio italiano s’è intriso di fierezza. Quei nonni che oggi non possiamo andare ad incontrare nelle Case di Riposo, che ci guardano da un vetro, che non possiamo più abbracciare gonfiando i nostri cuori di tanta tristezza. Dobbiamo essere fieri di quanto hanno saputo fare chi ci ha preceduto. Non deludiamo i nostri vecchi, nè, ora, possiamo pregiudicare le aspettative dei nostri figli, delle generazioni che verranno, che dovranno essere altrettanto fieri di noi, che stiamo vivendo un momento incredibilmente delicato. Cerchiamo di non ferirci. Traiamo esempio dalla nostra storia, dove anche il Vajont ha occupato uno spazio importante, diventando una lezione per le generazioni future, simbolo di solidarietà ricevuta da tutto il mondo e che rappresenta un monito foriero di virtuosità, da attivarsi attraverso la prevenzione, osservando con profondo rispetto i segnali della natura. Il nove ottobre per queste nostre comunità è una giornata di silenzio e riflessione. E’ il giorno in cui ripercorriamo la nostra storia, guardiamo agli errori commessi e ci impegniamo a rapportarci col mondo e col prossimo con un’ottica diversa, con l’occhio di chi vuole rispettare la natura e intervenire prima del “non c’è più tempo”, senza guardare a quel profitto, che è stata la causa del nostro immenso dolore. Un disastro ambientale annunciato, provocato dall’incompetenza e dall’incoscienza dell’uomo. Responsabilità che impongono l’urgenza di non sottovalutare i segnali di allarme provenienti dai cambiamenti climatici in atto, dai sempre più frequenti casi di rischio idrogeologico e dai tanti altri pericoli innescati da uno sfruttamento irresponsabile dell’ambiente e delle sue risorse. Due anni fa la comunità bellunese ha dovuto far fronte alla tempesta Vaia, quest’anno, appunto, al Covid-19. E lo ha fatto sempre con grande dignità dimostrando coesione e unità straordinarie, esempio di come si affrontino, insieme, le difficoltà, con, ancora una volta, l’aiuto determinante dei tanti volontari che hanno messo a rischio la loro vita per soccorrere chi si trovava in difficoltà. A tutte queste persone va il nostro “grazie”, così come il nostro grazie va rinnovato, non mi stancherò mai di dirlo, a tutte quelle persone, militari e personale civile, che sono giunte qui in soccorso dopo il disastro del Vajont, senza sapere cosa si sarebbero trovate davanti, elaborando immagini che per sempre sono rimaste nei loro cuori. Quelle sono state le persone che ci aiutarono e permesso di ricominciare. Molti di loro, sono qui oggi, come ogni anno, a condividere con la nostra comunità questo momento dedicato alla Memoria. A tutti loro, vera straordinaria ricchezza del nostro Paese, e a quanti si prodigano quotidianamente nella solidarietà, non finiremo mai di dire GRAZIE!!! Andando verso la conclusione mi preme segnalare che al Centro Culturale di Longarone, domani mattina, affronteremo il tema della gestione delle emergenze con particolare attenzione proprio al tema del Covid-19. Parteciperanno autorevoli relatori, medici, studiosi, ricercatori, tra i quali ho voluto venisse a trovarci, per testimoniare la sua esperienza diretta, anche Mattia Maestri, il “paziente 1” di Codogno, che ho avuto la fortuna di conoscere. Un ragazzo che è riuscito a superare la malattia con determinazione e coraggio. Lui potrà insegnarci che il nemico che in questo momento ci aggredisce è perlopiù sconosciuto e molto temibile, ma tutto sommato battibile, se solo rispettiamo le regole che ci vengono date dalla Presidenza del Consiglio e a cascata da tutti i soggetti istituzionali preposti con competenze, in prima battuta sulla sanità pubblica e quindi sull’economia, sul lavoro, sulla scuola, sulla vita sociale. Domani, invece, avremmo dovuto accogliere il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, che per la prima volta avrebbe dovuto visitare i luoghi della memoria del Vajont, con un momento di omaggio solenne, dal coronamento della Diga. Da quel manufatto dal quale è “sgorgata” la pagina più tetra dei nostri paesi di Longarone, Erto e Casso e Castellavazzo. Da quel manufatto sul quale decine di migliaia di persone vengono accompagnate nel “pellegrinaggio” dai nostri “Informatori della Memoria” preparati e coordinati dalla Fondazione Vajont: sempre più, giovani impegnati a perpetuare la Memoria di una tragedia che ha generato un messaggio universale: rispettare la natura, osservarla e “curarla”, quando occorre, come fosse un nostro congiunto. Purtroppo nella giornata idi eri pomeriggio ha dovuto porsi in quarantena a seguito della positività al Coronavirus di un suo stretto collaboratore. Avremo certamente il modo di accoglierlo in un’altra occasione a pandemia finita. Apriamo, così, ora, il nostro sorriso, in questo triste pomeriggio, perché la “lezione del Vajont” comincia sul serio ad essere capita e sta diventando un “caposaldo” sul quale poter radicare un nuovo approccio, “sistemico”, positivo nel rapporto tra uomo e natura.