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di Enrico Bizio
Narrava mia madre che avrei mosso i primi passi, all’età di un anno, nella sterrata piazza di Caviola, nel lontano agosto del 1953. Da allora calco, quasi ininterrottamente, quelle terre. Nato sul mare, ma da sempre appassionato di montagna, mi considero “adottato” dalla Valle del Biois, anche se all’insaputa della maggioranza dei miei familiari adottivi. Col tempo, avendo sviluppato la passione per i funghi, mi sono dedicato alla loro ricerca nei luoghi più disparati. Considerati dai più come oggetto di raccolta indiscriminata, i funghi sono organismi complessi, parte integrante e non secondaria dell’ambiente, contribuendo, attraverso le loro molteplici funzioni trofiche, al suo benessere.
I funghi di montagna, dunque! Non solo i soliti inevitabili porcini, i profumati finferli, i subdoli chiodini, le eleganti mazze da tamburo, ma anche una miriade di specie che la “gente comune”, per insensibilità, per ignoranza, per una sorta di supposta supremazia antropocentrica, continua a prendere a calci.
Se molte specie fungine sono sconosciute ai più, alcune lo sono anche a noi che apparteniamo al mondo della micologia. Qualcuno prova a colmare questo gap conoscitivo con passione e con costanza, soffermandosi sulle specie che a prima vista possono sembrare “critiche”, cioè non palesemente coincidenti con le descrizioni (morfologiche ed ecologiche) disponibili in letteratura. Se la specie studiata risulta non ancora descritta, come talvolta succede, il micologo-tassonomo può (deve!) formalizzarla proponendola, alla fine di un laborioso iter formale, come nuova per la scienza. Lo studio del fungo deve riguardare le sue caratteristiche morfologiche (macro e microscopiche), i suoi caratteri organolettici (odori, sapori, viraggi), le sue abitudini/preferenze ecologiche (ambienti particolari o partner micorrizici), fino ad arrivare all’indagine genetica del suo DNA (ultimamente sempre più utilizzata).
Ecco, se noi applichiamo questo concetto al territorio compreso in una circonferenza con raggio di soli 15 km da Falcade, sono risultate finora 11 specie proposte come nuove per la scienza: molte dal punto di vista del profano, poche (probabilmente) da quello del micologo. Parte di queste specie sono state trovate esclusivamente all’interno di questa circonferenza, parte di esse ha contribuito invece, assieme a raccolte provenienti da altre località, ad una loro più completa conoscenza.
Di undici, cinque provengono dalla foresta di conifera o mista, per lo più legate al faggio e all’abete rosso; sei sono invece il risultato (non ancora definitivo) di anni di ricerche in alta quota, oltre il limite superiore della foresta (ambiente conosciuto anche come “zona alpina”).
Le passeremo brevemente in rassegna una per una, nello stesso ordine cronologico col quale sono state ufficialmente formalizzate.
- Inocybe phaeoleuca var. dolomiticaBizio & Bon 1995. Specie rarissima trovata in una unica occasione salendo da Fuciade verso Forca Rossa, in località Fochetti di Valfredda a circa 2300 m slm. Il genere Inocybe è uno dei gruppi sistematici, assieme a Cortinarius, maggiormente rappresentato nella tundra alpina, detta impropriamente anche “microselva” (cioè un bosco in miniatura) perché sulle piante che dominano dominanti questo (Salici nani, Azalea alpina, Camedrio alpino, ecc.) ha agito il fenomeno del nanismo, circostanza comune anche ai funghi!
- Helvella corium var. macrosperma(J. Favre) Bizio, Franchi & M. Marchetti 1998. Si tratta di un Ascomicete, contrariamente a tutte le altre specie di questo elenco (Basiodiomiceti). Ha la forma di una coppetta nerastra con un corto peduncolo (gambo) che cresce sui terreni sabbiosi – ghiaiosi (Passo Giau, Pian delle Comelle), associato a piante stabilizzatrici dei ghiaioni provenienti dal disfacimento delle rocce calcaree (Dryas octopetala in particolare). Il nome “macrosperma” si riferisce alla circostanza di possedere spore di dimensioni maggiori rispetto alla varietà tipica.
- Inocybe agordinaBizio 2000. Questa piccola rarissima specie del bosco misto è stata individuata per la prima volta in Busa dei Zinghen (originariamente Bus des Croizinghen, antica zona di scavi sopra la frazione di Pisoliva, ora ricadente nel territorio di Canale d’Agordo). È la specie alla quale sono più emotivamente legato (il nome lo testimonia), perché dista poche centinaia di metri dalla piazza di Caviola. Precedentemente, quando ancora non era nota, era stata raccolta in Carnia, mentre più tardi sarebbe stata rinvenuta nell’Altopiano di Folgaria e nei boschi tra Carezza e Latemar, ora largamente distrutti dalla tempesta Vaja. Vi sono altre due specie che assomigliano ad Inocybe agordina, una nel Nordamerica e l’altra nell’isola di Papua-Nuova Guinea ma, per la distanza geografica che le separa, le tre specie devono ritenersi distinte anche geneticamente.
- Inocybe tonaleiBizio & C. Rossi 2009. Quest’altro piccolo fungo di alta quota è stato rinvenuto per la prima volta a Malga Valbiola, presso il Passo del Tonale; successivamente è risultato presente anche in altre località dolomitiche dell’Agordino (Pian delle Comelle, Busa de Tascia, ecc.), dimostrandosi indifferente alla tipologia di terreno.
- Inocybe roseascensBizio, Bahram, Tedersoo, Orzes & Saitta 2018. Questa specie, condivisa con la micologa agordina Renata Orzes Stecazzini, è stata scoperta in località Campon, sopra ad Agordo, verso Malga Framont. Si tratta di una specie molto interessante per la tendenza della sua superficie ad assumere una colorazione rosa o rosso-mattone (inde nomen), circostanza molto rara nel quadro del gruppo sistematico di riferimento. In assenza di ulteriori segnalazioni, possiamo considerarlo un endemismo.
- Agaricus porphyrocephalus subsp. alpinusCappelli, Bizio, L.A. Parra & Kerrigan 2019. Questo “champignons” bianco, frequente in alta quota, era conosciuto da molti anni, ma il nome ad esso attribuito non era convincente. Per questo motivo è stato sottoposto all’attenzione dei maggiori esperti del genere Agaricus in campo internazionale i quali, anche alla luce dei risultati della biologia molecolare, hanno sentenziato che si trattava di una varietà bianca e di alta quota della specie nota come porphyrocephalus, solitamente colorato di bruno-viola. L’holotypus di questa specie (la raccolta che ha dato origine alla specie) proviene dalla Costabella-Passo delle Selle, ma è frequente in tutte le Dolomiti (per es. Passo Giau) e nelle “microselve” di pressoché tutto l’Arco Alpino, indifferente alla matrice del terreno.
- Mallocybe crassivelataFerisin, Bizio, Esteve-Rav., Vizzini & Dovana 2020. Il materiale originale tipico (holotypus), proviene dalla Croazia, ma una raccolta del Parco Giochi di Falcade ha contribuito largamente alla sua descrizione. L’epiteto specifico (crassivelata) fa riferimento alla sua caratteristica saliente, di possedere cioè un “velo” (struttura di protezione degli stadi giovanili) molto cospicuo. Facendo parte di un gruppo sistematico molto complesso, non è da escludere che in futuro questa specie possa essere ridenominata o sinonimizzata con una specie descritta precedentemente, al momento non ancora nota.
- Agaricus permianusA. Parra, Bizio, Cappelli & Linda J. Chen 2024. Si tratta di una specie spettacolare trovata nella microselva di Forcella Grana, a 2300 m slm, non distante dal sentiero che da Passo S. Pellegrino conduce a F.lla Juribrutto. Le caratteristiche morfologiche, ecologiche, biomolecolari ci hanno permesso di stabilire, con sicurezza, questa specie come nuova per la scienza e di poterla istituire nonostante manchino quelle conferme (leggi ulteriori raccolte) che sarebbero sempre raccomandate, ma che i funghi, malgrado le assidue ricerche, spesso ci negano. Il nome fa riferimento al periodo geologico (Permiano) durante il quale si è formato il suolo (porfidi quarziferi) sul quale poggia il sito di ritrovamento.
- Ramariopsis cremeoroseaBizio, Franchi, M. Marchetti & Borsato 2024. Questa recentissima e delicata specie dai colori tanto spettacolari quanto inusuali (da crema, a rosa salmone, da cui il nome) è stata trovata più volte nei pressi di Forcella di Zonia, a Passo Giau, in un declivio erboso con affioramenti rocciosi colonizzato da azalea alpina e falso mirtillo nero; per ora, questa rimane la prima e unica stazione di crescita nota per questa specie che, confrontata con altre specie dello stesso genere a livello globale, ha confermato la propria autonomia.
- Inocybe areolaeCervini, Cagnoli & Bizio 2024. Questa specie potrebbe raccontare una storia inusuale: è stata trovata più volte in una aiuola adornata da pino mugo posizionata in un angolo della piazza di Falcade, prima che questa venisse ristrutturata! È uno di quei casi tipici in cui l’uomo, con le sue scelte, ha determinato la distruzione (ancorché stavolta del tutto inconsapevolmente) di un habitat di crescita. La sorte ha voluto che la memoria di quel fungo venisse conservata nei vecchi campionamenti e diapositive, tanto che il suo successivo studio ci ha sorprendentemente rivelato che si trattava di una specie presente anche in Cina, ma non ancora descritta. Il nome di Inocybe “areolae” (dell’aiuola) testimonia il casuale passaggio di questa specie in piazza a Falcade, dove un micologo veneziano (sconosciuto al pari del fungo) lo ha trovato, ricercato più volte, fotografato, studiato, sottoposto a indagine genetica e infine gli ha attribuito un nome. Una memoria postuma e una storia curiosa per gli amanti delle scienze naturali!
- Inocybe cuculiVauras, Bandini, B. Oertel, Cagnoli & Bizio 2024. Il 2024 si è dimostrato un’annata generosa dal punto di vista tassonomico: è andato a conclusione anche questo progetto di lunga data che vede come protagonista una specie frequentissima in tutte le foreste di conifera europee, ma che solo la biologia molecolare ha contribuito a distinguere da numerose altre rappresentati del medesimo difficilissimo gruppo tassonomico: Inocybe cuculi è una specie fennoscandica (raccolta tipica dalla Finlandia), ma è presente anche nelle Dolomiti Agordine, tanto che i ritrovamenti presso Le Buse (Falcade), hanno contribuito ad una sua più completa conoscenza. Per quanto riguarda il nome attribuito a questa specie, si legge nelle note etimologiche che “Prende il nome dal cuculo comune (Cuculus canorus), un uccello comune nelle parti orientali della Finlandia, dove specie è altrettanto comune”.
Quelle appena descritte costituiscono un po’ la “punta della piramide” di una conoscenza costituita da centinaia di specie di funghi individuate nelle nostre montagne; numerose sono raffigurate e descritte in un atlante fotografico dal titolo “1260 funghi della Provincia di Belluno” (Padovan et al., 2020, ed. DBS), nel quale sono compresi funghi provenienti e fotografati anche dalla Valle del Biois.
I funghi non sono solo oggetto di “predazione consentita”: costituiscono una porzione non secondaria della biodiversità di un territorio. Incrementare la biodiversità con nuove ricerche, significa attribuire nuova ricchezza: ne dovrebbero tener conto chi amministra il territorio.
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