Fiaccati dal boom degli affitti, dalle tasse, dall’insufficiente ricambio generazionale, dalla contrazione del volume d’affari provocato dalla storica concorrenza della grande distribuzione e, da qualche anno, anche dal commercio elettronico, gli artigiani stanno diminuendo in maniera spaventosa. Negli ultimi 10 anni, infatti, anche in Veneto il numero dei titolari, dei soci e dei collaboratori artigiani iscritti all’Inps è crollato di 33.552 unità (-17,1 per cento). La contrazione media nazionale, invece, è stata pari al -15,1 per cento. E’ un’emorragia continua che sta colpendo, in particolar modo, l’artigianato tradizionale, quello che con la sua presenza, storia e cultura ha contrassegnato, sino a qualche decennio fa, tantissime vie delle nostre città e dei paesi del nostro Veneto. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.
Male Rovigo, Verona e Belluno
Tra le province venete le situazioni più critiche hanno interessato Belluno (-1.373 artigiani pari a una contrazione del 17,8 per cento), Verona (-8.214 pari al -21,6 per cento) e, in particolar modo, Rovigo (-2.187 pari al -22,2 per cento). Più contenute, ma altrettanto critiche, le situazioni che si sono verificate a Padova (-6.674 pari a -16,8 per cento), Vicenza (-5.975 pari a -16,3 per cento), Venezia (-4.172 pari a -14,5 per cento) e Treviso (-4.957 pari a -14,1 per cento).
Con saracinesche abbassate città più insicure
Basta osservare con attenzione i quartieri di periferia e i centri storici per accorgersi che sono tantissime le insegne che sono state rimosse e altrettante sono le vetrine non più allestite, perennemente sporche e con le saracinesche abbassate. Sono un segnale inequivocabile del peggioramento della qualità della vita di molte realtà urbane. Le città, infatti, non sono costituite solo da piazze, monumenti, palazzi e nastri d’asfalto, ma, anche, da luoghi di scambio dove le persone si incontrano anche per fare solo due chiacchiere. Queste micro attività conservano l’identità di una comunità e sono uno straordinario presidio in grado di rafforzare la coesione sociale di un territorio. Insomma, con meno botteghe e negozi di vicinato, diminuiscono i luoghi di socializzazione a dimensione d’uomo e tutto si ingrigisce, rendendo meno vivibili e più insicure le zone urbane che subiscono queste chiusure, penalizzando soprattutto gli anziani. Non disponendo dell’auto e senza botteghe sottocasa, per molti di loro fare la spesa è diventato un grosso problema.
Tanti mestieri a rischio estinzione
Sono molti i mestieri artigiani in via di estinzione e le cause che hanno provocato questa situazione sono molteplici: innanzitutto sono cambiati i comportamenti d’acquisto dei consumatori, dopodiché le nuove tecnologie hanno spinto fuori mercato tante attività manuali e la cultura dell’usa e getta ha avuto il sopravvento su tutte le altre, penalizzando, in particolar modo, coloro che del riuso e della riparazione di oggetti e attrezzature ne avevano fatto una professione. In sintesi, segnala l’Ufficio studi della CGIA, i mestieri artigiani tradizionali in declino sono:
autoriparatori (verniciatori, battilamiera, meccanici, etc.);
calzolai;
corniciai;
fabbri;
falegnami;
fotografi;
impagliatori;
lattonieri;
lavasecco;
materassai;
orafi;
orologiai;
pellettieri;
restauratori;
ricamatrici;
riparatori di elettrodomestici;
sarti;
stuccatori;
tappezzieri;
tipografi;
vetrai.
Per contro, invece, i settori artigiani che stanno vivendo una fase di espansione importante sono quelli delle aree appartenenti al benessere e all’informatica. Nel primo, ad esempio, si continua a registrare un forte aumento degli acconciatori, degli estetisti, dei massaggiatori e dei tatuatori. Nel secondo, invece, sono in decisa espansione i sistemisti, gli addetti al web marketing, i video maker e gli esperti in social media. Purtroppo, l’aumento di queste attività è insufficiente a compensare il numero delle chiusure presenti nell’artigianato storico, con il risultato che la platea degli artigiani è in costante diminuzione.
L’artigianato va tutelato, lo prevede l’Art. 45 della Costituzione
Secondo l’Ufficio studi della CGIA, non è da escludere che per evitare la desertificazione delle botteghe in atto soprattutto nei centri storici, fra qualche decennio lo Stato dovrà sostenere con finanziamenti diretti coloro che vorranno aprire una attività artigianale o commerciale. Altrimenti sarà molto difficile che qualcuno avvii una piccola realtà spontaneamente. Prima di arrivare a questo punto di non ritorno, l’artigianato andrebbe tutelato, così come previsto dall’Articolo 45 della Costituzione. Qualche iniziativa interessante è stata sperimentata durante il Covid. Molti comuni, ad esempio, si sono fatti carico dei costi per la consegna a domicilio dei prodotti acquistati nei piccoli negozi. Più in generale, comunque, andrebbero azzerate per queste attività di prossimità le tasse locali (Imu, Canone patrimoniale unico, Tari, Irpef, etc.) e attivati a livello comunale dei tavoli di concertazione, tra le associazioni di rappresentanza dei proprietari e degli artigiani, con l’obbiettivo di trovare degli accordi che garantiscano ai locatori che aderiscono all’iniziativa la possibilità di beneficiare di una serie di agevolazioni economiche che in parte andrebbero “riversate” sul locatario, abbattendogli il canone d’affitto. Per fare tutto questo, ovviamente, lo Stato centrale dovrebbe ogni anno trasferire ai Comuni le risorse necessarie per coprire le spese in capo a questi ultimi.