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di Mirko Mezzacasa
Capita sempre più spesso di imbattersi in notizie che celebrano vincite straordinarie: un giorno il gratta e vinci, l’altro il Superenalotto, e così via. Centinaia di migliaia, a volte milioni di euro, che trasformano sconosciuti in improvvisi “fortunati”, almeno per un giorno. Ed è proprio in quei momenti che il clamore si alza, con grande soddisfazione di chi gestisce il sistema: testate giornalistiche, siti web e aziende legate al gioco d’azzardo non perdono l’occasione di battere la gran cassa. Del resto, come dice il detto: chi arte no sa far botéga sèra (chi non sa fare il proprio lavoro chiude bottega). E così, queste operazioni di marketing fanno il loro dovere, attirando altre migliaia di persone nella rete del gioco.
Ma fermiamoci un attimo a riflettere: è giusto tutto questo?
La risposta è no. Per questo RadioPiù (testata giornalistica) ha scelto il “silenzio stampa” in queste occasioni che pur attirano lettori e clic sui siti. Non è giusto che si parli solo delle vincite, come fossero miracolosi colpi di fortuna che attendono dietro l’angolo. Sarebbe invece necessario, anzi obbligatorio, che chi pubblicizza questi episodi comunichi contestualmente un dato fondamentale: quanti soldi sono stati giocati nello stesso giorno in cui è maturata quella vincita. Perché ogni euro vinto ne nasconde migliaia spesi, spesso da persone che magari non se lo possono nemmeno permettere.
Pensiamoci: sulle confezioni di sigarette, che non si possono certe pubblicizzare, vietatissimo con ogni mezzo, siamo abituati a vedere immagini inquietanti legate ai danni del fumo, o frasi che ti avvisano, senza mezzi termini, che il tuo vizio potrebbe portarti alla tomba. Allora perché nel mondo del gioco d’azzardo tutto questo non avviene? Perché si parla solo del lato scintillante, senza mostrare i rischi, le dipendenze, i drammi personali ed economici che si nascondono dietro?
Serve una legge, e serve subito. Una normativa che obblighi alla trasparenza, che equilibri la narrazione, senza tralasciare i lati oscuri di un fenomeno che, ogni giorno, coinvolge e rovina la vita di troppe persone. Perché un’informazione incompleta non è informazione: è pubblicità mascherata. E su questo, non possiamo chiudere gli occhi.