di RENATO BONA
“Valle del Piave. Là dove muovevano le zattere”. E’ il titolo del pregevole “contributo” che il giornalista Fiorello Zangrando (mio primo capo redazione a Il Gazzettino – ndr.) ha dato al prezioso libro “Belluno. Viaggio intorno a una provincia” edito nel marzo 1989 (seconda edizione nell’agosto dello stesso anno) per l’Amministrazione provinciale bellunese con la Libreria Pilotto editrice di Feltre, fotolito Eurocrom di Villorba, composizione tipografia Piave di Belluno, stampato da Graphic Group di Feltre, fotografie di: Cadorin, Dalla Giustina, De Vido, Riva e Sovilla, per il coordinamento editoriale di Maurizio Busatta. Hanno collaborato con altri servizi: Giovan Battista Pellegrini, Dino Conti, Silvio Guarnieri, Adriano Sernagiotto, Giuseppe Sorge, Ulderico Bernardi, Gian Candido De Martin, Giancarlo Pagogna, Lucio Eicher Clere, Mario Ferruccio Belli. Zangrando parte dal Ponte Cadore, che definisce “manufatto arditissimo che come un aliante traghetta dal centro della piccola patria d’un balzo alla vallata suggestiva di Caralte, antico borgo di pastori, sede di una delle più autentiche Regole…” e del quale ricorda che “il viadotto, sistema ad arco telaio, a quota 184, è lungo 272 metri, fu progettato da Pietro e Giuseppe Matildi, ed inaugurato nel 1985 (consulente geologico il cadorino Gianangelo Cargnel, originario di Pozzale)”.Si sofferma quindi a rievocare pagine di storia di Perarolo (suo paese natale) che “sulla fine del secolo scorso vantava la fama di centro industriale più fiorente del Cadore e coi suoi palazzi e le sue famiglie borghesi diventò anche località turistica soprattutto ad opera della fama acquistata per i soggiorni a palazzo Lazzaris della Regina Margherita col Principe di Napoli, il futuro Vittorio Emanuele III, avvenuti nel 1881 e nel 1882”. Tuttavia: i progressi tecnici tra il 1920 e il 1938 spostarono altrove il centro commerciale del legname e gettarono il paese sul piano d’una economia senza vie d’uscita. Quanto ai fatti d’arme, Zangrando non trascura di dire che i più importanti sono stati la battaglia di Perarolo, combattuta tra francesi ed austriaci il 10 maggio 1809 e le battaglie di Rucorvo dell’8 e 28 maggio 1848. Nel 1915 Perarolo offrì al reparto dei Volontari Alpini del Cadore il maggior contingente di uomini, esattamente 21. Alla causa della Resistenza il paese ha poi dato un elevato numero di partigiani e di caduti. Numerosi e tutti di qualità gli altri spunti proposti dal noto giornalista, purtroppo mancato. Uno per tutti il ricordo del fatto che intorno al Mille nacque il centro di Termine, la cui origine è da ricercare nel posto di blocco, frontiere ed uffici daziari che là erano impiantati a seguito della divisione tra Cadore e Belluno operata però già secoli prima. E siamo al 1824 quando Candido Coletti fondava a Sottospitale lo stabilimento per la segagione del legname, che da lui prese il nome di Candidopoli, primo stabilimento industriale del legname in tutta la provincia, “che improvvida amministrazione distrusse brutalmente”. E Ospitale, un tempo centro industriale e commerciale per la fluitazione e il taglio del legname, con l’avvento del progresso tecnico è andato ogni anno sempre più spopolandosi e la sua gente si è trasferita un po’ dovunque nel mondo…”. Nel suo “viaggio” il collega ed amico Fiorello approda anche a Castellavazzo e quindi a Longarone, tristemente noto quest’ultimo per la immane catastrofe del Vajont del 9 ottobre 1963 con devastazioni e quasi duemila vittime provocate dall”onda maledetta” che a seguito di una frana dal monte Toc scavalcò la diga e si abbatté a valle devastando il Longaronese e non solo. Non trascurando Codissago, dove nel 1948 fu scoperta una piccola necropoli romana, e neppure Soverzene che “nel 1806 si emancipò amministrativamente da Castellavazzo e il 1. luglio 1799 ebbe curazia dipendente dalla parrocchia di Longarone. Ricorda quindi che la centrale idroelettrica porta il nome di Achille Gaggia da Feltre il quale con Giuseppe Volpi e Vittorio Cini costituì la “Trinità della Sade” che tanta parte ha avuto nello sfruttamento dei fiumi bellunesi a scopo idroelettrico. Conclusione in quel di Ponte nelle Alpi il cui territorio fino al 1807 si disse Pieve di Frùsseda e quindi fino al 1867 Capodiponte. L’autore del capitolo non trascura di dire dei cospicui ritrovamenti archeologici romani nel territorio: a Cugnan punte di selce che indicano la presenza di cacciatori e agricoltori intorno al 2000 avanti Cristo; a Casan oggetti di bronzo in forma di goccioline, cerchietti di ferro, perline di vetro, vasi e cocci, un vaso di bronzo nel 1932, una tomba con iscrizione. A Polpet nel 1878 una tomba con piccoli loculi contenenti vasi di metallo, vasi di Creta con ossa bruciate. Altre due tombe nel 1880; ritrovamenti anche a Soccher (caverna con attrezzi da officina), a Cadola e a Canevoi dove fu recuperata una situla con iscrizione paleoveneta.
NELLE FOTO (riproduzioni dal libro “Belluno. Viaggio intorno a una provincia”): spettacolare immagine del Ponte Cadore; gli Zattieri del Piave; “grattacieli tutto muro di Termine di Cadore; con la famosa pietra di Castellavazzo si sono realizzati monumenti, fontane, fregi, palazzi di prim’ordine; in gtutta la sua freddezza d’oggi la tristemente nota diga del Vajont; sulla cornice dei “murazzi” di Longarone di staglia un particolare della nuova chiesa; panoramica di Longarone ricostruita dopo il Vajont; il corso del Piave visto da Soverzene; alpini rocciatori in Val Gallina; la stazione ferroviaria di Polpet.